Lo zoo di Taipei – Isola di ( Formosa) Taiwan

Giunto nell’ isola di Taiwan, non poteva mancare la visita presso lo zoo cittadino, gestito in tutto e per tutto dal Governo locale. Raggiungibile facilmente con la metro soprelevata, in taxi o con autobus cittadino, già parco pubblico, dislocato a nord della città di Taipei, lo zoo fu istituito al tempo in cui Taiwan era sotto il protettorato giapponese e successivamente fu restituito alla sovranità della città, che ha provveduto ad ingrandirlo sino a raggiungere i 6 ettari attuali.La maggiore funzione dello zoo è indirizzata alla conservazione, all’educazione e alla ricerca, tanto da ospitare Conferenze Internazionali sul tema. il costo del biglietto in euro è di 1,50, affinché tutti possano usufruirne quale momento di svago.

Le aree sono
state divise per settori e meritano una visita:
la casa del Panda gigante, il Centro di educazione, la casa degli animali
notturni, la casa dei Pinguini, del Koala e la casa dei rettili e degli
insetti.

Alcune aree
sono arredate per gli animali nello stesso modo in
cui vivono in natura: vi è un’area di
animali tipici di Formosa, la foresta pluviale tropicale asiatica, l’area
desertica australiana ed africana, la zona temperata per gli uccelli ed uno zoo
per i piccoli bambini, ove possono entrare a
contatto con gli animali stessi.

Ai
lati dell’ingresso sono
ubicati negozi, ristoranti, aree di sosta coperta , negozi per gadget.

E’ vietato fumare all’interno del parco,  giocare a pallone e dare da mangiare agli animali;  è anche vietato usare flash nelle aree notturne e negli interni.

Si può iniziare il percorso segnalato alla destra dell’ingresso, senza che vi sia il pericolo di perdersi o di tralasciare qualche area di particolare  interesse. La zona tropicale di Formosa  è considerata tale in quanto il Tropico del Cancro attraversa la part sud dell’isola di Taiwan, pertanto gli animali presenti sono autoctoni e tipici della foresta, come il Pangolino cinese (Manis pentadactyla),

il Cervo pomellato di Formosa Sika e la Formosa gem-faced civet (Paguma larvata taivana), che è uno zibetto autoctono, frequentatore dei boschi di latifoglie, solitario e che si nutre di qualunque cosa sia commestibile, pertanto ritenuto omnivoro. Specie notturna e arboricola, vive nelle foreste sempreverdi primarie e  secondarie decidue , sino ai 2.500 m  di altitudine e spesso visita giardini e piantagioni per la ricerca del cibo.

Il fagiano
di Swinhoe, Lophura swinhoei, è un
uccello endemico di Taiwan, vive principalmente nelle foreste fino ai 2000
metri circa di altitudine. Nel medesimo territorio vive il Fagiano mikado (Syrmathicus micado).

Questi
uccelli tendono a rimanere solitari, amano spostarsi sui sentieri montani, alla
ricerca di frutti, di invertebrati e di vegetazione.

Di grande effetto è il Panda gigante (Ailuropoda malanoleuca), mammifero appartenente alla famiglia degli Ursidae, ma si nutre essenzialmente  di bambù, anche se onnivoro. Originario delle zone montuose cinesi dello Sichuan, di cui è diventato emblema nazionale. Attualmente è raffigurato sulle monete d’oro cinesi. Negli zoo di
Bruxelles, Madrid ed Edinburgo è possibile osservarne esemplari di animali dati
in prestito per 15 anni dal Governo di Pechino.

In un’area
aperta, ma delimitata da un circuito d’acqua alla base del muro interno di
cinta (invisibile nella foto in quanto resta al di sotto della parte visiva
dell’occhio ), si erge una macchia di foresta indonesiana originale, in cui il
primate Siamango (Symphalangus
syndactylus
) , tipico dell’isola di Sumatra, specie arboricola, così
appollaiato, usa  la posizione come cassa
di risonanza per amplificare la propria vocalizzazione ! Oltre che di frutta, si ciba anche
di foglie, occasionalmente di uova.

Una
sottospecie è presente anche in Malesia.

Proseguendo
lungo il percorso indicato verso nord-est, mi sono imbattuto nel leopard cat, Gatto
leopardo (Prionailurus bengalensis
chinenis
), piccolo felino selvatico del sud-est asiatico e del sub
continente indiano, del quale, a causa della vastità del suo areale, sono state  riconosciute undici sottospecie; le macchie
molto simili a quelle del leopardo – prevalenti in tutte le sottospecie- non lo
imparentano con il suo omonimo più grande, pur appartenente al genere Panthera. Ha abitudini notturne, è creatura
solitaria, ad esclusione dei periodi degli amori; si ciba di piccoli mammiferi,
lucertole; talvolta la sua dieta viene integrata con erba,  pollame e animali acquatici.

In cattività
è stato ibridato con il gatto, da cui è stato ottenuto un felino biondo con
macchie nere o striature verticali nere, dalla corporatura piuttosto allungata,
agile e veloce ,  saltatore da fermo più
del gatto comune domestico.   Questi
ibridi, la cui generazione deve essere almeno F4 per la commercializzazione,
sono molto apprezzati e costosi nel continente europeo.

Un curioso
abitante delle foreste, piuttosto presente in tutta l’Indonesia è il Muntjac di
Formosa o Muntjak della Cina (Muntiacus
reevesi micrurus
), che  è stato anche introdotto nei Paesi Bassi e in Gran Bretagna. Si nutre in prevalenza di
germogli, erba, radici. Misura circa 50 cm. al garrese e 95 di lunghezza. I
maschi sono muniti di corti palchi, al massimo di 10 cm. A causa dei suoi
latrati è stato chiamato cervo latrante “Barking Deer” . La specie in questione
presente allo stato libero in Taiwan, porta il mantello più scuro rispetto alle
altre due sottospecie.

Proseguendo nell’area asiatica, incontriamo il Tapiro della Malesia (Tapirus indicus), mammifero perissodattilo della famiglia dei Tapiride, diffuso nelle foreste del sud est asiatico. La specie è facilmente distinguibile grazie alla cosiddetta ”gualdrappa” bicolore, che va dal colore grigio chiaro dalle spalle alla groppa  e nero per la rimanenza del corpo, con ancora una eccezione della punta delle orecchie  che sono bianche; tale mimetizzazione lo favorisce dai predatori mentre è disteso, tanto da essere scambiato per una roccia. Il peso
varia dai 200 ai 300 Kg.; qualche eccezione la si può avere  per qualche esemplare che raggiunge i 400
Kg.,  tra l’altro le femmine sono più
grandi dei maschi.  I Tapiri della Malesia posseggono un udito ed un
olfatto molto sviluppato a discapito di una vista scadente!

Solitari, percorrono
il sottobosco in percorsi già battuti, così come fanno
i cinghiali nostrani!

Tipicamente
vegetariani, si nutrono della varietà di piante che offre la rigogliosa e varia
foresta. I cuccioli di Tapiro portano il pelo marrone alternato a strisce orizzontali
e macchie bianche.

Molto
conosciuta ed endemica la presenza di Macachi (Macaca ciclopis), spesso, lungo le strade interne, si notano
cartelli che  ne indicano la presenza, ma
che invitano a non fornire alimenti!

Questo
primate appartiene alla famiglia delle Cercopithecidae
,
vive in gruppinel nord est e
nel sud ovest dell’sola, in zone rocciose con scarsa vegetazione  nei pressi della città di Taichung.

Molte specie
descritte si riferiscono ad animali presenti allo zoo della fauna autoctona, che
non sono usualmente esposte negli zoo europei. Mi astengo dall’ illustrare gli
scatti e le descrizioni di tutti quegli
animali che invece sono comuni,  presenti
e conosciuti negli zoo d’ Europa. Certo non basterebbe un trattato, a cui
volentieri non mi sottrarrei, ma bisogna lasciare spazio ad altro, la mia
esperienza mi ha portato a veder e analizzare
tante specie a me note, ma mai viste dal vero: invito pertanto a prendere in considerazione un “viaggio” alla
scoperta di un territorio esaltante, ma sopratutto protetto
sotto il profilo della sicurezza personale ad ogni livello (infatti Taiwan è considerato il secondo paese al mondo per sicurezza). I costi di gestione
(alberghi , motel, ristoranti) sono alla portata di tutti, non bisogna farsi
illusioni circa la possibilità di acquisti tecnologici,
perché sono  costosi quasi quanto i
nostri !

E’ un viaggio che può essere messo in
calendario anche “ fuori dalle normali ferie”!

Questa immagine è
per dare un ‘idea delle proporzioni del  Panda gigante, qui
 con l’autore.Nota: Alcune
immagini fanno intravedere una velatura di fili in verticale! Non è un difetto
di immagine, ma si tratta di fili in acciaio dello spessore di 4 cm., che
vengono tesi  in verticale come le corde
di violino, per evitare la fuga degli animali e offrire all’osservatore una
migliore visione di insieme. Tale manufatto è destinato solo ad animali non
pericolosi.

Testo e foto
di Guglielmo Petrantoni




Diario di viaggio di un ornitologo nelle isole Grenadine (seconda parte)

Nei giorni successivi, dopo aver sostato una notte a Kingstown (Grenadine),

in un albergo d’epoca coloniale che tanto mi attraeva per la sua caratteristica ambientazione, mi ero ripromesso di dirigermi verso nord per raggiungere l’ultimo centro abitato, Caratai Village, e da qui addentrarmi nella foresta. Alla mattina presto, non appena la brezza di terra iniziava a portare un leggero e gradevole profumo di qualche albero in fiore e si udivano i primi canti e le grida degli uccelli, sono partito in auto verso la costa est dell’isola per poi giungere sino al limitare della strada asfaltata.

Il percorso lungo circa 70 km era meno tortuoso del versante ovest, sì con curve e brevi rettilinei ma con una vista a mare costiera più gradevole.

Un tipico volto di Creola presente nell’isola.

La carreggiabile che inizia da Kingstown e si inerpica su per la collina antistante il porto, è costeggiata da isolati coloniali d’epoca statali, come il museo di scienze, l’antica biblioteca Carnegie Building e una moltitudine di istituti per lo studio delle varie classi, dalle primarie alle secondarie. Gli studenti tutti creoli incontrati lungo la strada erano facilmente distinguibili grazie alle divise indossate, diverse per ogni istituto.

Dopo circa una decina di km, uscito dall’abitato verso est e superato di non molto il vecchio aeroporto di E.T.Joshus ho raggiunto, alla mia sinistra, il nuovo e moderno aeroporto internazionale di Argyle, posto lungo una splendida spiaggia, interdetta a chiunque, che mi riportava col pensiero alle rive del Mediterraneo della mia Sicilia, terra simile per flora, costumi e odori.

Soltanto i pini marittimi erano rimpiazzati dalle locali casuarine, ma le graminacee e i ciperi2 che vi crescevano all’ombra e altre piante di tipo Europeo avrebbero reso possibile il confronto se le Palme da cocco e gli alberi della solfara (Spachea perforatais) non fossero stati li a togliere ogni illusione.

Columba squamosa

La strada da principio attraversava luoghi bassi e incolti e un’ apparente pianura che a un osservatore non preparato può sembrare quasi selvatica o con poche tracce di coltivazioni in realtà tutta la vegetazione arborea, che vi cresce rigogliosa, appartiene ad essenze utili e fruttifere (noce moscata, banane, manioca).

Il paesaggio a monte sembra privo di gente; la densità di popolazione è invece alta in quanto gli abitanti vivono in basse case nascoste dalla vegetazione.Sempre più vicino alla meta prefissata facevo comunque molta attenzione alla guida “a sinistra” poiché non è infrequente incontrare piccoli van per trasporto locali che sfrecciano come se fossero in una pista, incuranti di ogni norma di prudenza. A mezzogiorno il termometro della vettura rilevava +29°C ma la piacevole aria e la brezza marina rendevano comunque sopportabile il basso tasso di umidità, invogliandomi quindi a fare colazione in uno dei soliti chioschi distribuiti lungo la via.

Mimus gilvus

A tratti la strada serpeggia in amene piccole vallate a ridosso delle montagne, dove con un pò di attenzione è possibile vedere qualche raro uccello o imbattersi in qualche apatica mucca .

Avrei desiderato inoltrarmi maggiormente nelle foreste più remote e meno visitate ma ho dovuto abbandonare la mia aspirazione. Nel pomeriggio successivo era infatti prenotato l’imbarco   su di un veliero alla volta della vicina isola di S. Lucia.  Nonostante soggiorno sia stato breve, in me rimarrà incancellabile la memoria di quei giorni che vi ho passato, deliziosi e pieni di scoperte

Al rientro, ho perso però la maggior parte delle bellezze della strada poiché l’imbrunire incalzava e, quasi a un tratto, il fogliame delle piante, vagamente colorato dai raggi porporini di un bel tramonto, assumeva una tinta tetra, per la brevità del crepuscolo. Nella oscurità della notte, anche gli oggetti più comuni assumevano ai miei occhi un aspetto misterioso, facendo sospettare in essi qualcosa di sconosciuto. Intanto incalzavano ovunque i cadenzati suoni notturni di uno scarabeo.

A brevissimi intervalli apparivano grandi macchie splendenti di una luce argentina che si stagliavano fantasticamente sul nero fondo della foresta, attraverso l’aria cupa delle valli lontane. La luce era prodotta da miriadi di piccole lucciole, riunite intorno alle fronde di alcuni alberi, soprattutto delle palme del genere areche (Areca catechu)1 che producono la ben nota noce di betel.

Proseguendo ancora lungo la costa, che presenta pochi promontori e rientranze ma ancora una folta vegetazione tropicale, nello scuro del tardo pomeriggio raggiungevo nuovamente la mia base.

Tangara cucullata

Turdus nudigenis

Non posso dilungarmi a narrare le impressioni di tale soggiorno, sebbene l’isola sia davvero molto interessante sotto molteplici punti di vista.

Fin dal mattino il piccolo grande veliero mi aspettava in rada per trasferirmi in tre ore verso l’isola di S. Lucia, e poi, con un tragitto di altre tre ore all’isola di Martinica.

Navigando a vela raggiungiamo il porto turistico di Marigot Bay (S. Lucia) e lì sostiamo per due giorni in barca, dopo avere effettuato il controllo passaporto a cura della polizia presente in rada.

Infine alla volta dell’isola di Martinica per imbarcarsi su di un volo air france ,verso l’Europa.

Fu questa l’ultima mia escursione nelle isole delle Grenadine. Mi ero comunque promesso di ritornarvi per completare le escursioni non potute monitorare.

Note 

1.Albero considerato dall’anno della sua scoperta 1812, simbolo nazionale.
2.Piccola pianta avventizia che cresce negli acquitrini, canali e corsi d’acqua interni.

Articolo e immagini G. Petrantoni

Impaginazione grafica by GRAFOS SERVIZI GRAFICI – SAN COLOMBANO AL LAMBRO




Diario di viaggio di un ornitologo nelle isole Grenadine (prima parte)

Rientrato nel febbraio 2018 da un viaggio nei Paesi Bassi, nell’aprile dello stesso anno incominciai a prepararmi per un successivo affascinante viaggio in quelle isole Caraibiche denominate Grenadine, in Centro America, in particolare Martinica, Santa Lucia e St Vincent, non certo da turista ma da ornitologo. Fatti gli ultimi preparativi mi sono armato di macchina fotografica e obiettivi e il 23 aprile mi sono imbarcato su un volo Air France alla volta della Martinica, solo otto ore di volo.

Giunto all’aeroporto di Fort de France, con un taxi –non essendoci aliscafi perchè in sciopero – ho optato per un trasferimento verso S.Lucia con un traghetto privato (Capo Rosso) che salpava da un porticciolo a sud-est della capitale, Riviere Pilote Le Marin, appena tre ore di navigazione. Per quanto poche fossero le ore, appena uscito dal golfo e superato il promontorio Terra del Diavolo, il mare ha subito una trasformazione ! onde lunghe e alte due metri. . .

Appena in vista della piccola isola di Santa Lucia ,ho visto una gran quantità di fregate superbe (Fregata magnificens), imponenti uccelli frequentatori e veleggiatori dei mari equatoriali e facilmente distinguibili per la grande apertura alare e dalla caratteristica colorazione rosso fuoco nel sotto gola. All’imboccatura del golfo di Santa Lucia, era ormai pomeriggio avanzato. Dinnanzi la piccola isola ho notato una quantità di Sule, uccelli eminentemente pescatori e tuffatori, mi sembrano tutte della specie Sula dactylatra.

Il vento non era impetuoso ma costante e la temperatura gradevole intorno ai 28°; sbarcato nel piccolo porto di Rodney Bay, ho fatto dogana in quanto trattasi di altro stato. Giusto il tempo di prendere una macchina a noleggio per il trasferimento verso l’aeroporto per prendere il piccolo ATR bimotore e portarmi nella selvaggia e stupenda isola di St.Vincent. Trenta minuti di volo ed eccoci al nuovo aeroporto internazionale di Argyle, aperto nel febbraio del 2017 e distante solo 13 Km dalla capitale Kingstown sulla costa est.

Aveva terminato di piovere da poco ed era già il tramonto; indescrivibile la gioia e l’emozione che mi invadono alla vista di questo estremo lembo di continente equatoriale caraibico, forse il più beneficiato dalla natura lussureggiante, e non minore la sorpresa nel constatare che, quasi ad un tratto e senza passaggi graduali, ci si trova trapiantati dall’Europa a un paese tropicale. La memoria delle nostra spiagge del Mediterraneo accresce l’ammirazione ed il fascino per l’isola verdeggiante che emana odori diversi.

Con il fuoristrada a noleggio mi dirigo verso l’albergo, già prenotato sulle colline del capoluogo, il Grenadine House. Nell’accedere a quest’albergo lo stupore mi pervase in tutto il corpo. Il vecchio stile coloniale inglese, rimasto inalterato nel tempo dalla hall alle camere, dal bar al ristorante, mi dava la sensazione di essere ritornato ad un’altra epoca.

Gli inglesi, che qui si stabilirono verso il secolo decimosesto, ancora oggi hanno lasciato delle tracce indelebili della loro presenza, sia nei costumi sia nel linguaggio. Gli isolani, uomini e donne dalla pelle scura, si potrebbero scambiare per africani se i tratti regolarissimi non rivelassero in loro una chiara dominazione europea. Stanco ma con la voglia sfrenata di immergermi nella natura, dopo aver cenato, raggiungo la camera per riposare.

Il mattino seguente, alla buon ora e dopo una corposa colazione che non dimenticherò facilmente non tanto per la novità della cucina – mezza europea e mezza inglese ed il diversivo al detestabile “salt beef” dell’albergo, quanto per l’effetto esotico della lunga tavola apparecchiata nella veranda aperta sopra un ampio giardino che domina il golfo, dove , fra i frutti dei tropici, i fiori dall’intensa e varia colorazione, le palme di vario genere, i piccoli uccelli del sole (Orthorhyncus cristatus) svolazzano di pianta in pianta, in cerca di liquore zuccherino nascosto in fulgide corolle.

Con il fuoristrada, con guida a sinistra, intraprendo l’unica via percorribile verso Richmond Peak, nel centro nord dell’isola. Guido per sessanta km in un sali scendi tra promontori e golfi mozzafiato, non discostandomi mai più di trecento metri dal mare, di cui quasi sempre si scorge la linea azzurra framezzo le piante. Si passa di villaggio in villaggio per ogni rientranza o golfo senza che mai vi sia una pietra miliare ad indicare il kilometraggio; soltanto con molta attenzione si scorgono a bordo strada dei cartelli a fondo verde e scritta bianca che segnalano l’inizio dell’abitato. Le case sono perlopiù a un piano e raramente si possono intravedere villette isolate a due piani. Spesso lungo la strada che precede un agglomerato si notano dei prati in forte declivio al lato strada, ben curati ma nel mezzo della foresta e con pietre verticali di pochi centimetri, che ho poi scoperto essere il luogo di riposo degli uomini a fine esistenza!
Arrivo a destinazione e mi inoltro nella foresta su strada bianca dove con un po’ di fortuna avrei potuto cliccare il rarissimo St.Vincent parrot (Amazona guildingii). Data la colorazione dell’uccello di certo nella foresta non sarebbe stato di facile individuazione, ma l’opportunità si è casualmente verificata mentre era in volo ,un solo esemplare ed a distanza! In questo periodo questi pappagalli sono in riproduzione e sarebbe stato impossibile avvistarli se non che negli spostamenti dai siti di nidificazione.

Ho passato diverse giornate su quelle pendici, ho udito i suoi richiami ma per quanto appostato e con un eccellente obiettivo mi è stato alquanto vano cogliere il psittacide.

In compenso ho potuto fermare sul mio obiettivo un’infinità di fiori e piante e non ultimo la tipica lucertola autoctona, lunga circa venti centimetri e di colore verde cangiante fra la malachite e lo smeraldo intenso il maschio, un pò più sbiadita la femmina.

Farfalle d’impareggiabile bellezza si schiudevano dalle loro crisalidi e volavano dalle nozze alla morte, ingemmate e splendenti di tinte, godendo dell’aria balsamica e sotto i raggi abbaglianti del sole di una vita breve, destinata solo alla gioia, all’amore, quasi compenso dei lunghi mesi di esistenza modesta, umile e piena di pericoli, trascorsi allo stato di bruco.

Da qualunque parte mi volgessi compariva un fiore, un oggetto nuovo. Ora un coleottero metallico, ora un fiore, ora una chiocciola. Uccelli di varie specie si sentivano stormire tra le fronde, mentre alcuni agui svelavano il loro nascondiglio con il fruscio fra i rami degli alberi.

Giornate per lo più trascorse in contemplazione . . .

Erano già diverse ore che camminavo e gocciolante di sudore e trafelato pensai che era tempo di tornare all’albergo dove un bagno mi ristabilì completamente le forze, pronto per la cena.

Partendo dall’Italia avevo ricevuto l’incarico di ottenere una piccola quantità di piante vive e semi per il giardino botanico di Sant’Alessio, in un’ attività di scambio con il Botanic Garden di Kingstown, al fine di tentarne l’acclimatazione in serra.

Nei giorni successivi ho percorso questa strada varie volte, tanto da fare delle deviazioni verso l’interno per raggiungere siti di frequentazione dell’Amazona autoctona o comunque per osservare animali o uccelli in natura e tutto ciò che forma masse di vegetazione variate ed armoniche nel tempo stesso; devo dire che ho sempre trovato soddisfazione.

Spesso rientrando all’imbrunire, in ogni dove, anche nei dintorni dell’albergo, si udiva un suono costante e intenso, simile a quello prodotto dalla pallina che rimbalza sullo schermo in un gioco al computer.

… fine prima parte …




Dal diario di viaggio di un ornitologo e naturalista . . . in Ceylon, ora Sri Lanka (ශ්රී ලංකා in singalese / இலங்கை in tamil)

Dal diario di viaggio di un ornitologo e naturalista . . . in Ceylon, ora Sri Lanka (ශ්රී ලංකා in singalese / இலங்கை in tamil)

Il 28 marzo 2017 mi imbarcai a Milano su di un Boeing 777 della compagnia di bandiera degli Emirati e dopo una sosta tecnica a Dubai giunsi, il 29 successivo, a Colombo, dove mi

Il giovane Ruwan a destra con il papà a sinistra, preziosi accompagnatori.

incontrai con Ruwan e suo padre, i quali mi prelevarono con la vettura per poi, dopo una accurata organizzazione ed un riposo per il fuso orario, avremmo concordato il tragitto verso il nord dell’isola, dalla sede stanziale di Nigombo.

Il tempo aveva dato un buon respiro, dato che lì era l’inizio dell’inverno, con temperatura dai 25° in su, ma sempre ventilato. Le piccole ed intense piogge – trovandoci sulla linea dell’equatore – davano nuova freschezza e tinte più vivaci alla vegetazione. Il sole, sin dal suo sorgere, insieme alle più fulgide vegetazioni, emanava un calore potente nello spazio azzurro, a poco a poco contrastato da immensi nuvoloni che si vedevano al di sopra delle folte boscaglie. L’aria calda, ma ventilata era satura di vapori di un insolito e soave profumo di fiori. Farfalle variamente colorite e di impareggiabile bellezza volavano intorno, scoiattoli delle palme si rincorrevano su per gli alberi, per nulla intimoriti dalla mia presenza, e corvi (Corvus splendens) emettevano continui richiami senza sosta, lontano nella boscaglia, con il richiamo del bul bul (Picononotus lutelus) ad intervalli con altri che facevano da eco.

 

Presbite dalla barba bianca (Presbytes cephalopterus)

Date le ridotte dimensioni, lo Sri Lanka possiede una varietà incredibile di animali: 92 mammiferi; 242 farfalle; 435 uccelli; 98 serpenti; schiamazzanti e non sempre visibili i gruppi di primati arboricoli tra cui il Langur comune, il Presbite dalla barba bianca (Presbytes cephalopterus) ed il Macaco di Ceylon. Con più frequenza ed in ore diverse sono visibili l’elefante asiatico di Ceylon (Elephas maximus maximus), che è il più grande del genere degli elefanti asiatici, ghiotto dell’albero di Kitulpam (Caryota urens), e il cinghiale dalle lunghe zanne (Sus scrofa affinis). Il clima tropicale, il lungo isolamento dall’Asia continentale e la diversità dei vari habitat hanno dotato l’sola della ricchissima avifauna di oltre 400 specie di uccelli, 26 delle quali sono esclusive dello Sri Lanka, mentre le altre 198 sono migratori, alcuni verso l’India del Sud, altri verso la tundra artica, come per esempio i piovanelli e i pivieri. I migliori periodi per osservare gli animali sono da gennaio a marzo, anche se durante tutto l’anno è possibile effettuare escursioni anche in coincidenza del monsone (maggio – ottobre).

Langur dalla faccia viola (Trachypithecus vetulus)

Detto questo, il percorso che stabilimmo prevedeva uno spostamento in vettura verso il nord-ovest, alla volta del Bundala National Park, poi ancora il Wilpattu National Park ed infine il Yala National Park nell’estremo sud-est; si consideri che l’isola è comunque tutta un grande parco (14 parchi in toto) ove gli animali vivono, anzi convivono con gli uomini i quali portano loro un grande rispetto! Con un totale di 1000 Km. toccammo molte città come Kegalla, Ella, Sigirya, Kandy, Nuwara Eliya, Yala, Matara; rientro alla base di Negombo dopo 12 giorni.

Cinghiale dalle lunghe zanne (Sus scrofa affinis)

Durante la giornata di riposo che mi ero preso, mi recai a piedi sulla provinciale di Negombo, dove lungo i bordi della strada ad intervalli vi erano venditori di frutti del luogo. In un posto all’ombra, non appena mi fermai, incontrai un ragazzo che prese un frutto di cocco intero ed ancora verde e che con alcuni colpi ben assestati di un pesante coltello praticò un foro nella parte più appuntita e  mi invitò a bere il contenuto della noce. Accaldato ed assetato come ero, trovai la bibita gustosa: per il colore sembrava acqua di riso, eccellente, dolciastra e fresca. Esaurito il liquido, il giovane, ripreso il frutto, con un colpo da maestro, lo spaccò in due metà eguali, poi con un altro colpo obliquo staccò dalla spessa buccia di una delle metà una zeppa, che veniva in tal modo ad avere naturalmente la forma di una paletta con un margine tagliente; porgendomi tutte e due le metà, rassomiglianti a due scodelle, mi mostrò il modo per staccare, con questo cucchiaio improvvisato, la polpa molle dell’interno del guscio, già mezzo ossificato. Questa polpa (l’albume del seme), quando il frutto è immaturo, è molle, gelatinosa, bianca e quasi opalina, ma con l’invecchiamento diventa oleosa, e serve appunto a estrarre il cosiddetto olio di cocco.

Dopo questa passeggiata rientrai alla base, poiché l’indomani ci saremmo portati verso Kegalla, al Wilpattu National Park, un’area molto estesa di foresta pluviale, con macchie di terreni aperti, piscine naturali, fiumi e fitta vegetazione, il tutto a 50 Km ovest di Anuradhapura…

Bucero (Anthracoceros coronatus)

In seguito alla visita ai vari parchi, posso dire che, data la varietà geografica-ambientale, la fauna presente offre al visitatore una moltitudine di animali in piena libertà. Appollaiato su di un albero nella radura c’era un bellissimo Bucero (Anthracoceros coronatus), il quale è noto per deporre tra aprile e giugno negli alberi, dove la femmina, chiusa nel nido con fango, viene alimentata sino alla schiusa dal maschio attraverso una piccola feritoia. Entrambi i sessi sono simili nella colorazione.

La mia attenzione era sempre al massimo per cogliere momenti che mi mettessero in condizione di effettuare un buono scatto e già si procedeva su di un fuoristrada con sedili sistemati a sbalzo sul cassone e prontamente dovevo comunicare con l’autista perché si fermasse!

A sinistra Elefante dello Sri Lanka, a destra i Bufali selvatici

Lungo il percorso, elefanti nella bassa boscaglia e bufali selvatici (Bubalus arnee), immersi nelle acque calme dei laghetti sino al collo, erano quasi sempre a vista, ma in distanza di sicurezza. Purtroppo mi è mancata la possibilità di fotografare l’unico felino presente e tipico … il Leopardo (Panthera pardus kotya). Il termine “kotya” è usato in singalese per indicare la tigre. Il leopardo dello Sri Lanka (Panthera pardus kotiya) , noto colloquialmente come kotiya, è una sottospecie di leopardo originaria dello Sri Lanka. Comunque, «kotiya» è il termine singalese usato attualmente per indicare la tigre, mentre leopardo si dice «divya».

In compenso mi imbattei in una serie di stupende cicogne (Ciconia episcopus), le quali, per nulla intimorite, pascolavano sulla strada rossa che attraversava il Parco, e poi ancora una stupenda Mycteria leucocephala, detto il Tantalo dal becco giallo.

A sinistra, cicogne (Ciconia episcopus). A destra, Tantalo dal becco giallo (Mycteria leucocephala)

Anche i rapaci non si nascondono e sono abbastanza presenti, ma è utile disporre di un buon obiettivo, pertanto, a terra, mimetizzato dai colori della terra, fermai sull’obiettivo prima un Falco pecchiaiolo orientale Pernys ptylorinchus intento a cacciare serpenti, poi, poco dopo, un incredibile serpentario crestato Spilornis cheela.

A sinistra Falco pecchiaiolo orientale (Pernys ptylorinchus), a destra Serpentario crestato (Spilornis cheela)

Purtroppo molti altri rapaci, comunque presenti nel Parco, sono sfuggiti al mio obiettivo solo per la lontananza o il volo veloce!

Nel folto della foresta pluviale interessante è stata la possibilità di immortalare una intera famiglia di cervi pomellati, abbastanza comune che abita molte aree boschive (Thith Muwa in singalese). Molto caro ai bambini di tutto il mondo, ma anche ahimè, preda frequentemente mirata dal leopardo!

A sinistra famiglia di Cervus axis, Cervo pomellato, a destra Cervus unicolor

Poco dopo, iniziò una improvvisa pioggia assai fitta, tanto che fummo costretti a fermarci in una radura in attesa che si rendesse meno incessante. Contemporaneamente ogni forma animale si rese invisibile, ma ad un tratto, inaspettatamente, apparve, disorientato, un sambar, Rusa unicolor, appartenente alla famiglia dei cervi, animale piuttosto schivo e di non facile individuazione, data la colorazione bruna che si mimetizza con la boscaglia.

Pochi minuti e la pioggia svanì come d’incanto, ricomparve il sole e un’odore di terra bagnata pervase l’aria… La voglia di proseguire è forte, ormai da due ore percorrevamo in fuoristrada le strade alquanto sconnesse, anche gli animali si mostravano con piacere al nostro occhio, e comunque l’intensa pioggia non era riuscita a formare acquitrini, poiché riassorbita dal terreno.

Il Gallo selvatico, simbolo nazionale dello Sri Lanka (Gallus lafayetti)

Tra le sorprese di queste immenso parco si presenta con molta serenità un uccello galliforme selvatico della giungla Gallus lafayetti, tipico esempio autoctono di queste terre e simbolo Nazionale. Un maschio veramente imponente ed elegante nei suoi colori, cosa che invece non è la femmina dalla colorazione marrone con chiari e scuri variabili, senza particolari colori, proprio per meglio mimetizzarsi durante la cova nel nido posto in una depressione del terreno, al riparo di un cespuglio.

Al rientro, stanchi, ma contenti di avere trascorso una mattinata in mezzo alla natura, in una radura allagata scorgiamo nell’acqua, con la testa fuori, dei bufali selvatici, molto comuni ed anche abbastanza utilizzati per il loro latte. Dal bufalo d’acqua addomesticato i locali ricavano uno yogurt, molto più nutriente del nostrano di latte vaccino, chiamato in singalese (මීකිරි) meekiri, che viene venduto in vasi di argilla lungo le vie di comunicazione.

Sempre presenti e di facile individuazione sui bassi rami i gruccioni (Merops leschenaulti), lunghi 21 cm. circa, dal volo veloce al pari delle nostre rondini, simili per colorazione al nostro migrante africano, ma con abitudini molto diverse: non volano alto e non nidificano sulle pareti di sabbia, ma volano sempre all’altezza degli occhi e usano fare buchi in terra.  Sono stanziali.

Nella foresta tropicale, il Gruccione staziona sulle basse ramificazioni

Terminata la giornata, sostiamo al punto di ristoro del Parco per consumare un pasto veloce e poi proseguiamo alla volta di Kandy, su quella strada che, prima della costruzione della ferrovia, era la più trafficata ed importante di tutta l’isola per il trasferimento delle spezie. Delle bellezze della strada ne perdiamo però la maggior parte perché la notte incalza, tanto che ad un tratto il fogliame delle piante, vagamente colorato di raggi porporini di un bel tramonto, assume una tinta tetra, a causa della brevità del crepuscolo. Con la stessa rapidità dell’imbrunire si fa giorno nelle vicinanze di Kandy, una città piena di vita e di animazione, ancora più luminosa quando dal centro iniziamo a salire per la collina sovrastante verso l’albergo.

Al mattino seguente una sorpresa durante la sosta-pausa: alloggiavo al terzo ed ultimo piano di un albergo sulle colline, una specie di Beverly Hills cingalese, immerso nel verde della foresta tropicale e sul terrazzo in posizione visiva allargata, mentre stavo un po’ ripensando a quanto vissuto nei parchi Nazionali, improvvisamente notavo che nella sottostante piscina era caduto un fulmine azzurro che la coda del mio occhio non aveva ben individuato. Sorprendentemente sul passamano in ferro vidi uno stupendo martin pescatore (Halcyon smyrnensis fusca). Da lì ad un secondo mi precipitai in camera per munirmi della fedele macchina fotografica!

Halcyon smyrnensis fusca – Martin pescatore asiatico

Fortunatamente quando arrivai non era ancora volato via! Pertanto mi misi a cliccare, ma con stupore notai che non era lì per pescare chissà quale prelibato boccone di pesce, bensì per fare un bagno ristoratore e pulirsi le penne!

In una decina minuti della mia osservazione potei fermarlo nel volo, mentre più di una volta si tuffava in acqua per poi rimettersi nella posizione sul “trampolino” e adempiere alla sistemazione delle penne! Fantastico, credo di non avere mai avuto un’occasione tanto fortunata!

Nella seconda parte della mattinata ci rechiamo al giardino botanico di Paradenia, che dista dalla città 4 km. L’ingresso principale è chiuso da una elegante ed imponente cancello in ferro battuto, al di là del quale attrae subito l’attenzione un maestoso gruppo di palme, rimarchevoli per bellezza e rarità delle specie, tra cui primeggiava per dimensioni il “talipot”, come lo chiamano gli Indiani, talla gass i Singalesi, cioè la Coypha umbraculifera, palmizio indigeno dell’isola. La Palma talipot (Corypha umbraculifera) è una pianta della famiglia delle Arecaceae, famosa per la produzione della più grande inflorescenza ramificata del mondo,diffusa in India e nello Sry Lanka. A parte la varia ed enorme collezione di piante e di orchidee, lungo uno dei viali mi accorsi che, al di sotto di un enorme albero, ciò che pendeva non frutti, bensì un sorprendente numero di Volpi volanti, Pteropus giganteus.

I Pipistrelli della frutta o Volpi volanti al Royal Botanic Garden a Peradenya

Trascorsi l’intero pomeriggio a fotografare e curiosare tra i viali e le innumerevoli varietà di piante e fiori, e forse non sarebbe bastata l’intera settimana, ma al volgere del tramonto abbandonai e rientrai in albergo.

Coracias benghalensis, detta anche Rullo indiano o Ghiandaia

Il giorno successivo, a bordo del solito van, ci dirigiamo attraverso i campi di thè tra le alture che da 1800 m. s.l.m. circa conducono verso la costa orientale, toccando la città di Nuwara Eliya. Poi verso Badulla e da lì iniziamo a scendere verso la costa per un nuovo safari a Yala (Ruhunu National Park), una grande riserva con laghi, fiumi, acque salmastre, affioramenti rocciosi, litorali e foresta a sud-est.

Uccello pigliamosche (Willpattu Park)

Abbiamo la possibilità di incontrare innumerevoli uccelli, aquile e ungulati tipici della fauna locale; ancor prima di giungere alla meta ci fermiamo presso Samaharama, dove, in un lago salmastro, individuiamo in lontananza dei pellicani Pelacanus philippinensis. Probabilmente il tranquillo specchio d’acqua doveva contenere pesce in abbondanza per soddisfare esigenze alimentari!

Al pomeriggio ci prendiamo una sosta in un resort all’interno del Parco, in piena foresta, ma corredato di ogni comodità, soprattutto di aria condizionata. Al mattino non ancora albeggiava che eravamo già sul fuoristrada che ci avrebbe condotto per le strade interne alla ricerca della fauna selvatica…!

Entusiasmanti ed improvvisi incontri hanno dato la possibilità di fermare sull’obiettivo uccelli e ungulati veramente da mozzafiato. Ore quattro e trenta del mattino, colazione al sacco, entriamo al parco lungo la strada che serpeggia in radure, piccoli stagni e innumerevoli spazi d’acqua. Come sempre sono presenti e immersi nell’acqua o nel pantano i bufali al pascolo e fanno loro da cornice in lontananza piccole aree forestate, ma più ci addentriamo e fa luce meglio riusciamo ad individuare, come incantati, aironi, anatre dentrocigne Dentrocigna javanica, che in volo radente mi sfilano di lato …. al volo! … presa! e trampolieri e ogni varietà di limicoli Vanellus indica. Dulcis in fundo, ormai stanchi per la continua attenzione e per la levata mattutina, individuo tra il basso fogliame uno stupendo, inaspettato e meraviglioso uccello del paradiso pigliamosche, un solo scatto e centro! Terpsiphone paradisi, maschio morfo marrone e bianco.

Sopra una coppia di Threskiornis melanocephala, Ibis testa nera, nei laghetti di Puttalam, sotto Dentrocigna javanica in volo, Dentrocigna minore al Wilpattu Park

La giornata è ormai terminata e ci avviamo sulla via del ritorno, verso Tangalla e poi Matara, dove ci aspetta un delizioso alberghetto a due piani in legno ed il ristorante in stile. Poi, in riva al mare, il reef ci dona una sorpresa durante il bagno pomeridiano: a pochi metri emerge una tartaruga marina e con la enorme mandibola e due occhi anch’essi sorpresi mi guarda e veloce come una saetta si immerge e fila via . . . resto ancora ad osservare la sagoma che si allontana lungo il reef, lasciandomi impietrito, ma soddisfatto della “visione” … E mai mi sono saziato di ammirare, osservare tutto ciò che si muove od odorare tutti i sapori di una terra piena di sorprese, per chi come me ha una sete insaziabile di conoscere, anche se il mio desiderio sarebbe stato quello di penetrare nelle foreste più remote e meno visitate da chicchessia. Per questo motivo mi riprometto di ritornare per concludere con un altro viaggio quella metà parte nord dell’isola ancora più selvaggia ed inesplorata, ove vive la gente tamil.

Molti dei siti della riserva sono inaccessibili, ma per potersi spingere oltre i normali percorsi bisogna contattare il Foreign Office o equivalenti, o ancora il Wildlife Conservation Department, i quali suggeriranno le migliori condizioni per allargare la visita.

Guglielmo Petrantoni

 
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