Psittacus adscitus violania, tributo degli australiani al Prof. Carlo Violani, insigne professore di tecnica museale presso l’Università di Pavia

Platicercus adscitus violania.

      Violania subgen. Nov

                  Tipo sottospecie.Platycercus (Violania) adscitus , Latham, 1970

Diagnosi: Una sottospecie dei Platicerchi sono confinati nel nord, est e sud est dell’Australia.

Sono facilmente distinguibili da tutte le altre specie di pappagalli Australiani, per le seguenti combinazione di caratteristiche. Sfortunatamente alcuni autori continuano ad usare il nome non riconosciuto di amathusia per questa specie.

 

 

Lunghezza 280-300 mm; becco color corno-grigiastro; iride marrone;zampe grige;

Peso del maschio: gruppo exsimius 90-120 gr; gruppo adscitus 131 gr ;gruppo venustus 92-112 gr.

Lunghezza ali maschio: exsimius ali 147-167mm ; coda 147-182 mm.Adscitus ali 140-160mm;

coda 143-164mm; venustus: ali 143-155 mm; coda 141-165 mm.

Il culmen esposto del maschio:  exsimius 15-18mm; lunghezza tarsale 19-23 mm; adscitus culmen esposto 16-18 mm;tarso 19-21mm; venustus culmen esposto 17-18 mm; tarso 18-20 mm._

Femmina : peso gruppo exsimius 78-90 gr; gruppo adscitus solitamente circa 110 gr.;gruppo venustus 88-92 gr.; gruppo exsimius lunghezza alare 138-160 mm; coda 145-170 mm; il gruppo adscitus lunghezza alare 142-154 mm, coda 137-154 mm; gruppo venustus ali 138-154 mm; coda 142-165 mm; exsimius culmen esposto 14-16 mm; tarso 19-22m;adscitus culmen esposto 15-16 mm; tarso 19-21; venustus culmen esposto 14-17; tarso 18-20 mm.-

La colorazione è distintiva dei maschi di tutte le specie di cui si parla come segue:

ventre rosso; copritrici sotto coda rosse; piume della nuca nere (bordo giallo-verde in eximius, giallo pallido in adscitus e in venustus); manto nero (bordo giallo-verde in eximius, giallo pallido in adscitus e in venustus); dorso superiore nero (bordo giallo-verde in eximius, giallo dorato in elicia, blu-verdastro in adscitus, giallo pallido in venustus); secondarie blu profondo; copritrici primarie blu profondo; parte esterna vicina all’attacatura delle primarie blu profondo; mediane esterne delle copritrici dell’ala e la piegatura dell’ala blu sia in eximius che in adscitus, ma più violaceo in venustus; copritrici sotto l’ala blu profondo o blu violaceo; colore principale delle penne laterali blu scuro orlate con bianco bluastro e banda subterminale blu chiara; parte inferiore di coda blu pallida; assente striscia sotto l’ala nei maschi adulti ma presente negli immaturi sia in eximius e in adscitus e solo occasionalmente non presente in immaturi e femmine di venustus, presente solo nella femmina di adscitus.

Variazioni nelle zone di transizione come segue: copritrici della corona, della nuca e dell’orecchio rosso vivo in eximius, giallo pallido in adscitus, nero in venustus; petto alto del maschio rosso vivo in eximius, giallo e variabilmente tinto di blu in adscitus, bordato giallo con nero in venustus; petto basso giallo che diventa giallo pallido verso l’addome in eximius, blu con fianchi blu-verdastri in adscitus, giallo-limone chiaro in venustus; penne dell’addome e del basso petto anche con margini piuttosto scuri; macchie bianche sulle guance in eximius, ma in adscitus le macchie superiori sulle guance sono bianche e quelle inferiori sono blu-vilolaceo; in venustus le macchie superiori sulle guance sono bianche e quelle inferiori sono blu-violaceo; le copritrici dell’ala interna sono nere sia in eximius che in adscitus, ma nero con margine di nero pallido in venustus; copritrici secondarie blu pallido in eximius, più verso il viola in adscitus e blu-violaceo in venustus; dorso verde pallido vivo con margini scuri delle penne in eximius, verde-bluastro in elicia, blu-verdastro in adscitus e giallo pallido con margini neri in venustus; orifizio verde pallido vivo con margini scure in eximius, verde-bluastro in elicia, giallo scuro in adscitus e giallo pallido con margini nere in venustus; copritrici superiori della coda verde vivo con margini scure sulle piume in eximius, giallo scuro in adscitus e giallo pallido con margini nere in venustus; piume centrali della sopra coda verde scuro bordate con blu scuro in eximius; in adscitus e venustus il colore superiore di queste penne centrali della coda è verde-bronzo scuro che nella trama verso il centro va verso il blu scuro.

 

Vedi Forshaw 1969 e 1981 per dati biologici delle specie principali che comprendono il nostro concetto del sottogenere Violania (1969):

pp 191-195 + immagine a pag 192 per exsimius; pp.196-200 + immagine a pag.196, 198 per adscitus e palliceps ; pp 201-203 + immagine a pag 202 per venustus ), (1981: pp 197-202 + immagine a pag 199 per exsimius, pp 202-206 + immagine a pag 203 per adscitus, e pp206-209 + immagine  a pag 207 per venustus ).

Entomologia:  Nominata per il Dr.Carlo Prof.Violani  , docente presso il Dipartimento di Biologia dell’ Università degli studi di Pavia, Italia.- (Helm Dictionary of Scientific Bird Names,ed 2011,pag.402)

Carlo Violani

Carlo Violani, naturalista e biologo, già docente presso il Dipartimento di Biologia Animale dell’Università degli Studi di Pavia. Ha partecipato a censimenti sulla chirotterofauna di alcuni parchi nazionali e isole mediterranee. È autore di oltre di settanta pubblicazioni scientifiche; si occupa di ornitologia, teriologia e museologia naturalistica, collaborando con numerose istituzioni italiane ed  molte estere. Già Presidente della Società Italiana di Scienze Naturali e di numerosi sodalizi naturalistici.

 




L’uccello che si “rade”

L’uccello che si “rade”

di G. Petrantoni immagini degli aventi diritto

Dedicato ai giovani allevatori  . . .e non solo.

Le foreste (habitat dell’uccello che si  “rade”) dell’America centrale e meridionale sono per lo più disseminate di grandi e giganteschi alberi che salgono verso il cielo ad enormi altezze, spesso con il tronco nudo sino a 50 m. dal suolo, mentre le loro chiome riunite formano un vero tetto verde che non fa filtrare i raggi solari e crea un perpetuo crepuscolo nella sottostante foresta. Molti di essi hanno alle basi robuste ramificazioni o grosse radici contorte che si stendono e si allargano sulla terra molle ed umida, mentre altri, stranamente alti di parecchi metri dal suolo, sono sostenuti da centinaia di sottili radici che sembrano canne di fiume.

Dovunque infinite liane ornano gli alberi e con essi si intrecciano, avvolgendo grossi tronchi, per poi pendere libere e lunghe dalle cime, verso terra o da un albero all’altro.

Ci sono poi le orchidee, alte, sottili e filiformi tanto da creare innumerevoli altre piante aeree dalle larghe foglie, bromelia simili ad ananas ed altre infinite piante colorate che formano massa.

A terra non vi è vegetazione consistente, poiché il sole non riesce a raggiungere ed irrorare, anzi, la caduta delle foglie forma uno strato marrone, fresco ed umidiccio,

simile a quello dei nostri boschi quando, dopo una pioggia estiva notturna, si risente della evaporazione senza che vi siano raggi solari.

Questa è la foresta equatoriale che ho avuto modo di vedere e vivere nella Guiana Britannica, in Venezuela e in molti altri Stati del centro sud America.

Dal tetto impenetrabile che sovrasta si odono continui trilli, cinguettii e rauchi stridii di uccelli invisibili, ma ben pochi se ne riescono a vedere a terra o lungo il cammino, solo qualche spaccalegna bruno e grigio, intento intorno ad un tronco come fanno i nostri picchi, un formichiere, vestito a scacchi bianchi e neri o con macchie marrone,

che fruga tra i rami caduti e le foglie secche alla ricerca di insetti.

Ci si può imbattere in qualche grossa gallinella, molto simile alle nostre, ma vestita di penne olivastre o marrone, anziché di grigio, per mimetizzarsi al terreno, o un tacchino arboricolo guan, molto simile ai comuni nostrani, che si leverà in corto volo per paura, ed ancora coloratissimi colibrì in sospensione nel calice delle rosse orchidee, per assumerne il nettare! Al di fuori di questi, pochi saranno gli uccelli di tinte neutre o poco visibili che il nostro sguardo avrà la fortuna di incontrare.

Tutt’altra cosa è invece sui bordi delle foreste, in quei luoghi dove si formano radure per tagli degli alberi o lungo i fiumi. Nei tropici , così anche come da noi, gli uccelli abbondano su terreni aperti, sia perché lì il sole può colpirli con i suoi raggi, sia perché gli insetti ed altri animaletti di cui si cibano sono assai presenti ed i fiori e bacche e semi vari vi si sviluppano molto meglio che dove l’ombra è troppo fitta.

Barranquero -Momotus momota aequatorialis

In queste aperture della vegetazione è possibile osservare uccelli di varie grandezze, magari appollaiati a prendere il sole o in attesa di acchiappare una farfalla o un pesce che nuota nei bassi fondali del fiume sottostante.

 

In tali condizioni ambientali è facile scorgere un motmot, il quale, sfuggendo dal ramo su cui sostava, afferra al volo una farfalla, per cibarsene.

Dopo la cattura, in attesa di altra caccia, torna di nuovo sul ramo, poi si tuffa a terra, e ritornando al ramo porta al becco un topino, una rana, o una lucertola che si contorce ancora.  Avendo il becco lungo e forte è naturale che riesca a catturare con abilità prede consistenti, supportato anche dai suoi 47 centimetri di taglia e dai 150 grammi di peso. Il motmot -voce onomatopeica di origine spagnola che ne descrive il verso-  in realtà è simile sia al martin pescatore sia all’acchiappamosche. Gli indigeni lo chiamano bobo, cioè “sciocco”, poiché non teme l’uomo e facilmente si lascia vedere da vicino. Ciò accade forse perché sa di non essere in pericolo, dato che, non essendo commestibile, non gli viene data la caccia, o forse perché, essendo pigro, non ha molta voglia di muoversi, tanto da non adoperarsi nella ricerca del cibo per i suoi piccoli. Per evitarsi la fatica riempie il nido di animali morti, dei quali i neonati si cibano fino a quando non sono capaci di cacciare per conto proprio.

Inoltre i loro nidi non sono proprio all’insegna della pulizia e così sporchi non attirano alcun predatore.

Ma il costume che lo rende assai strano è che ama “radersi da solo”!

Possiede una coda lunga, con due penne  centrali più lunghe delle altre, ma, chissà perché, l’uccello crede di sembrare più bello radendosele.

Tirandosi sotto la coda, chinando il capo e servendosi del lungo e robusto becco per rasoio, si toglie le piume delle lunghe penne centrali, fatto salvo un ciuffetto che lascia in cima.

Come negli umani che variano per baffi e pizzi, così certi motmot si lasciano solo un ciuffetto in fondo alle penne, mentre altri se ne lasciano qua e là lungo le cannucce rase. Per quanto poco quei buffi uccelli dalle code rasate temano l’uomo, ce n’è un altro nelle Indie Occidentali che si mostra ancora più domestico: è un bellissimo uccelletto non più grande di un passero, ma grassetto e forte, con un codino robusto ed un lungo becco dritto; ha il dorso verde e sul petto macchie che vanno dal rosa allo scarlatto, frequenta le rive dei fiumi e non si discosta molto dalle caratteristiche dei motmot. A prima vista lo si scambierebbe per un piccolo martin pescatore, vista la forma similare, la posa e la testa robusta dal becco dritto e acuminato, poi, vedendolo piombare sui piccoli insetti, sembrerebbe un acchiappamosche. Il suo nome è tody, appartiene alla specie dei martin pescatori e come essi fa il nido nelle cavità lungo le alte sponde dei fiumi, ma il suo richiamo è diverso: invece di un sonaglio emette un rauco gracidare di una rana e, al contrario dei suoi parenti martin, che sono schivi, timidi e sospettosi, i piccoli tody sono gli uccelli più domestici e fiduciosi. Non solo sono tranquilli e sicuri, ma, se ci si trova nelle immediate vicinanze, facilmente vengono a posarsi sulle nostre spalle.

 

L’mmagine serve a dare una proprorzione dell’uccello.

Momotus momota messicano

Momotus momota

Motmptus bahamensis

 

 




Il cardellino pantesco (Carduelis c. parva) e (Carduelis c. tschusii)

Il cardellino pantesco (Carduelis c.  parva) e (Carduelis c. tschusii)

Lineus 1758.

Francese: Chardonet èlegant. Inglese: Golgfinch. Tedesco: Stieglitz. Olandese: Putter.

Spagnolo: Julguero. Svedese: Steglits.

Siciliano:Cardiddu, Cardùne, Cardujacalùni.Cardillinu

In tutte le contrade dell’Europa continentale ed insulare si sono insediati uccelli del genere Carduelis, queste creature incantevoli, la cui vita e la cui attività hanno saputo avvincere gli spiriti ed i sentimenti di ogni popolo dall’antichità in poi.

Il mondo degli uccelli ed in particolare dei Cardellini così detti, è stato diffusamente studiato e descritto nel corso dei tempi: innumerevoli osservazioni e scoperte degli ornitologi sono condensate in centinaia e centinaia di pubblicazioni., sicché quasi ozioso potrà sembrare l’aggiungere un nuovo articolo alla mole degli già esistenti,ma visto che il progresso si insinua sempre più negli ambienti naturali degli uccelli che vivono in libertà, talvolta recando mutamenti, tali da minacciarne la sussistenza stessa,ho ritenuto doveroso esternare l’esperienza vissuta nell’isola di Pantelleria nell’estate settembrina, che grazie alla signora Carla Palazzi , mi è stata data la possibilità di osservazione in località denominata Khamma,  proprietà di pertinenza.

Il primo avvistamento sotto un albero di limoni e su una pietra cava, un maschio di cardellino.

Il primo avvistamento sotto un albero di limoni e su una pietra cava, un maschio di cardellino.

Approdo sull’isola di Pantelleria, pur essendo siciliano, per la prima volta ai primi del settembre 2008, per un periodo di relax , ma con la mia macchina fotografica, per fissare tutti i momenti di un viaggio, come se fossi stato in terra sconosciuta ed ancora da esplorare!

Il territorio mi si presenta incantevole, e pieno di sorprese, ovunque è fatto di terra lavica, dai tipici “dammusi” abitazione dei contadini, ora invece per la maggior parte, ristrutturati ed in uso a turisti, ai muretti che delimitano i confini tra un campo ed un altro .

Curiosità, questi muretti di pietra a secco non superano il metro di altezza e le piante

ulivi, vigne, aranci, limoni, ed altro rimangono al filo dei muretti, come fossero dei bonsai, ciò par rimanere protetti dai forti venti che colpiscono l’sola, venti che esercitano un effetto disseccante, ma col loro impatto con i rilievi montuosi, determinano la formazione di nebbie, tanto da mitigare il clima e  le temperature medie annuali che sono di 18°.

Tale presupposto fa sì che, molti dei fringillidi presenti, pongano il nido ad altezze, per così dire, che non superano il metro o poco più .Il nido simile a quello di un fringuello, più piccolo ed intessuto più accuratamente ma non  impiega licheni.

La domanda nasce spontanea,  . .  ma allora sono facile preda di chiunque, animali compresi!

Non è proprio così!  Da una piccola indagine svolta tra locali in “lingua originale” è emerso che quasi nessuno possiede un uccelletto ancestrale  in gabbia, se non che qualche pappagallino ondulato o qualche calopsitta, acquisita al libero commercio.

Resterebbe da chiedersi se altri animali predatori facciano la loro parte , catturando uova e giovani di indifesi fringillidi.

Bene ! da non credersi. sull’isola non vi è presenza alcuna di corvi, taccole, gazze, o tutto ciò che possa nuocere ad un prolifico e considerevole aumento in natura, valutando altresì che sono stanziali, tanto che questa situazione di sicurezza viene avvertita dall’animale ed  i flussi migratori autunnali sono ridotti a quasi a  zero.

Contrariamente all’opposto di quanto avviene nell’isola di Sicilia, ove per tutelarsi dalla prorompente presenza di predatori, molti cardellini, preparano il nido all’interno dalla “buganvillea”spinosa ed inaccessibile per predatori. Negli anni della mia gioventù mi era facile individuare i soggetti con nido, tra gli ulivi o i noccioli!     Occasionalmente sembrano capitare individui della sottospecie sud-orientale (C.c.balcanica), quest’ultimo dato risale al 1980,Sergio Frugis, direttore scientifico di Uccelli dell’avifauna italiana.

Durante tutto il periodo trascorso sull’isola, ho potuto osservare voli di gruppo costituiti da trenta a cinquanta e più individui, ma ciò che li attraeva di più, era quella pietra cava, che serviva nel passato da abbeveratoio per capre e che era rimasta dimenticata sotto l’albero.

L’isola soffre di grandi periodi di siccità e l’acqua per i locali proviene da un sistema di trasformazione di quella salmastra, che viene distribuita con autobotti.

Ecco che quella “pietra cava” è diventata raccolta di acqua piovana utile a dissetare questi cantori panteschi!

Nel giro di pochi minuti, il via vai di questi uccellini, che si alternano è non di facile conta, molti stazionano sull’albero che protegge l’abbeverata, altri si spostano intorno sui bassi ulivi ed il grosso del gruppo staziona cento metri più a monte sopra i rami di una pineta formata da Pini  mediterranei e di Aleppo

Giovani,  adulti, maschi e femmine si inseguono in un confuso volare, probabilmente nidiate della stagione, o di altre località dell’isola, sino poi a raccogliersi tutti in un’unica zona, che è la pineta, che dà loro la possibilità di controllare il terreno sottostante e :::la preziosa acqua.

Qualche isolato soggetto lo si può notare sopra un albero di melograno e a dire la verità

una attenta osservazione potrebbe non definirlo un cardellino,ma và osservato che il cardellino è soggetto a varietà melaniche, causata da alimentazione, tanto da farlo andare incontro ad anomalie della colorazione.

Il cardellino pantesco sul melograno

Il cardellino pantesco sul melograno

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Una vista sullo sfondo della pineta, sede stanziale del gruppo dei cardellini.,Il tetto del dammuso sottostante rimane nascosto dai palmizi.

Ho potuto accertare anche in altre zone dell’isola, quali Bugeber, Khagiar e Rukja site a nord est, la presenza di corpose quantità di  cardellini, sempre superiore in proporzione maggiore a quella dei passeri., che seppure in numero congruo, non riescono ad essere competitivi al numero dei cardellini, per altro a Khamma la risereva d’acqua viene ben difesa da intrusi di altre specie. .Mi sono sempre tenuto ad una quota di circa 200 s.l.m., pertanto decisi  di salire in quota e precisamente su Montagna Grande( 836 m montagna che determina situazioni climatiche locali che si differenziano notevolmente dalle altre isole del Canale di Sicilia) passando da Tracino e poi oltre l’aeroporto civile, per valutare le presenze di cardellini. Nessuna presenza,  in compenso la vista di alcuni sporadici Codirosso spazzacamino, hanno rallegrato la mia gita.

Sulla sinistra l’unico passero che ha potuto godere dell’abbeverata in due ore di osservazione

Sulla sinistra l’unico passero che ha potuto godere dell’abbeverata in due ore di osservazione

Nell’isola si possono osservare altri tipi di vegetazione, e precisamente nella zona di Khaggiar, macchia composta da arbusti di come l’erica multiforme, la ginestra, il Lentisco, e soprattutto rosmarino e finocchio selvatico, qui il cardellino è presente ma in gruppi di minore entità.

La macchia mediterranea, sullo sfondo Montagna Grande. Località Mueggen.(est isola)

La macchia mediterranea, sullo sfondo Montagna Grande. Località Mueggen.(est isola)

Nessun ramo della storia naturale è stato dotato di una letteratura più ricca di quello dell’ornitologia, nuovi articoli

per un pubblico apparentemente insaziabile, vengono pubblicati, il cui interesse è spesso più sentimentale che scientifico,

è per quest’ultima motivazione che ho voluto trasferire una esperienza di viaggio in un territorio isolano della Nostra Italia,

i cui valori dell’ambiente sono ancora sani ed incontaminati, per un uccellino caro a tutti NOI.

 

Testo, foto e commenti di Guglielmo Petrantoni




Ara e amazzoni

Ara e amazzoni estinte

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